
La recensione di Berne Counseling
Il regista di questo film è Nikita Mikhalkov, quello che tanti anni fa aveva fatto quel capolavoro di “Oci Ciciornie” con Marcello Mastroianni e Silvana Mangano, pensate un po’, e poi altri notevoli fra cui “Sole Ingannatore”, Oscar per il miglior film straniero, e “Urga”, primo premio a Venezia, che avevo visto a suo tempo. Qui siamo di fronte alla trasposizione di un film famosissimo che si chiamava “La parola ai giurati” di Sidney Lumet interpretato addirittura da Harry Fonda. Era un film famoso perché veniva utilizzato nei corsi di formazione per esemplificare i processi di persuasione.
Già, perché c’è una giuria chiamata a giudicare un presunto assassino, undici persone votano per la colpevolezza e uno solo non è convinto. Quell’uno ovviamente finirà per convincere tutti gli altri e mandare assolto il processato.
Quel film era molto giocato sull’egoismo, la fretta, la superficialità delle persone, mi pare di ricordare ma poi pian piano il bravo cittadino, inserendo nel dibattito diversi elementi di dubbio, riusciva a rivoltare in modo spettacolare l’andamento della discussione.
Ma Mikhalkov fa in questo film un’azione piuttosto diversa e, credo dati i tempi, molto coraggiosa: lo ambienta nella Russia di oggi alle prese con il terrorismo ceceno e fa una diagnosi impietosa, anche se con un finale ottimista, del suo Paese e dei suoi abitanti.
Un giovane ceceno è accusato di aver ucciso a coltellate proprio suo padre adottivo che lo aveva portato con sé raccogliendolo durante la guerra, dopo che la sua famiglia era stata sterminata dai russi.
Ma perché ha ucciso il padre così barbaramente? Pare per rubare i soldi della pensione.
Il processo è ovviamente affrettato, tanto si sa come sono crudeli i ceceni, e poi c’erano dei testimoni oculari e indizi facili da interpretare. Così, in camera di consiglio, i giurati si riuniscono e sono fin dall’inizio tutti d’accordo, o quasi.
Il film comincia così. Ma poi come dicevo comincia la discussione.
E qui Mikhalkov mette inizialmente in scena il razzismo, la piccineria di una classe sociale borghese emergente interessata solo ai soldi, una società corrotta per cultura e storia.
Eppure, pian piano, la vicinanza forzata fa succedere qualcosa di inaspettato. Uno per uno, i giurati progressivamente si aprono mettendo a nudo la loro vita, si scontrano e si incontrano, si lasciano andare a confessioni inaspettate sulle loro stesse miserie e sfortune. In quello spazio chiuso tante verità vengono fuori a chiarire anche quelle iniziali posizioni così pregiudiziali e a prima vista ideologiche e prevenute. Dietro ci sono drammi sociali, tradimenti, dolori che, come in un gruppo di terapia, rivelano e spiegano durezze e debolezze, aggressività e sottomissioni. Ecco come siamo veramente, sembra dirci Michalkov.
Nelle conoscenze superficiali si vedono solo le maschere, i Copioni, ma grattar la scorza ecco riaffiorare il Bambino ferito, negato, stanco e rinunciatario.
Sotto i nostri occhi le persone si trasformano. Da biechi, infantili, presuntuosi e razzisti si scoprono reciprocamente umani, e, miracolosamente, la storia pian piano ricostruita del ceceno, svela di ciascuno di loro un aspetto che ne mostra l’umanità e perfino la vicinanza con l’imputato. E gli sguardi nostri, come quelli di tutti i giurati, si fanno misericordiosi.
Certo che mentre si parla della Russia non si riesce a non pensare al nostro degrado italiano, alla deprimente veemenza leghista, alla mafia nostrana, alla giustizia diseguale, all’arricchimento a tutti i costi, ma soprattutto alla mancanza di valori degni di orientare la vita al di là delle proprie immediate piccole meschinerie.
E poi è un film sulla convinzione, su come ciascuno se l’è raccontata. Sì, su come ciascuno è totalmente convinto delle sue argomentazioni, di come se le forma basandosi solo su proprie esperienze dirette e su come le difende a spada tratta (qui sarebbe a coltello tratto) dando per scontato nel tono e nei contenuti di avere assolutamente ragione. Naturalmente se ne vedono delle belle, marce indietro opportunistiche o convinte, crolli nervosi, pentimenti, aggressioni e una sorpresa finale che si discosta completamente dal film precedente, un altro colpo di genio di sceneggiatura, che mette ancora una volta, e ancora di più, tutti i giurati di fronte alle loro responsabilità.
Non vi dico niente perché è veramente interessante e spiazzante quello che succederà.
E anche noi, che assistiamo, siamo messi di fronte al dovere di fare la nostra parte.
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